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Il racconto che ha vinto il Premio "Il Leggio del mare", sezione narrativa adulti

(Ostia 18 giugno 2009)

 

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Gli ozi laurentini

 

 

 

Presentazione del curatore

 

 

E’ questa l’epistola di una giovinetta  romana, inviata ad un’amica o una parente di nome Lucilla e  ritrovata per caso assieme alla sua traduzione nella Biblioteca Nazionale di Firenze durante la sistemazione di alcuni tomi restaurati. La traduzione non è stato possibile attribuirla ad alcuno, né stabilirne la datazione. Si tratta sicuramente di un latinista post ottocentesco, per l’uso poco aulico dei termini e per la fedeltà nella trasposizione che appare letterale ma elaborata,  benché non sia possibile un preciso confronto con il testo latino.

La lettera originale, forse una trascrizione tardo medioevale   è, infatti, purtroppo consumata  e illeggibile. Appare macchiata presumibilmente di fango misto a petrolio o nafta che hanno intriso  irreparabilmente la carta durante l’alluvione del 1966. Si suppone sia stata lasciata, insieme ai fogli della traduzione, scritti con penna stilografica e stranamente intatti, tra le pagine del volume Nach der Katastrophe, opera memorialistica del 1946 di tale Wilhelm Hoffman, bibliotecario tedesco nel periodo tra le due guerre. Come il traduttore fosse venuto in possesso dell’epistola originale non è dato sapere, così come si possono solo formulare ipotesi non verificabili sul perché i fogli si trovassero all’interno del volume, conservato per anni in uno dei depositi dell’Istituto per il restauro del libro dove si contano ancora migliaia di testi in parte recuperati, ma non ancora tornati sugli scaffali della Biblioteca.  Né vi sono altre notizie in merito a questa lettera, scritta da un’ospite di Plinio il Giovane nella sua villa di Laurentum nel periodo intorno al 100 d..c..  

La giovine, di cui si ignorano nome e censo,  descrive infatti non solo la villa dello scrittore latino, ma anche i luoghi circostanti e in particolare Ostia e il porto nell’entroterra di Ostia, interessato a lavori di escavazione. Ciò fa presumere che la visita a Laurentum sia avvenuta nel periodo di Traiano imperatore, quando appunto era in corso la nuova opera idraulica  per la sistemazione di quello che era stato il Porto voluto da Claudio. La descrizione della villa corrisponde appieno a quella fatta dallo stesso Plinio il Giovane (qui chiamato familiarmente Gaio Plinio o anche solo Gaio) nella lettera al suo amico Gallio, e ci trasmette il piacere della vacanza (l’otium romano) di cui gode la fanciulla in questa villa sul mare, l’illud iucundum nihil agere (quel dolce far niente) di cui lo stesso Plinio è stato il convinto sostenitore. Una parte particolarmente interessante racconta della sua gita ad Ostia e a Portus, presumibilmente nel mese di luglio, mentre il finale ci trasmette le preoccupazioni di una giovane destinata ad un matrimonio d’interesse.

La prosa è scorrevole e talvolta indulge alla facezia, sicché si può supporre che la giovane fosse di nobile famiglia, abituata a vivere in società e a frequentazioni con importanti personaggi dell’epoca, poiché  non sono pochi i riferimenti a  scrittori e retori della cerchia della famiglia imperiale come Giovenale e Tacito. Quest’ultimo fa addirittura parte del gruppo di ospiti di Plinio e siede alla mensa  dell’amico con la moglie Giulia. Non mancano riferimenti anche a poeti di cui doveva aver letto le opere (Catullo, Ovidio, Cicerone).

Non essendo possibile alcuna verifica con il testo originale, è però ormai opinione comune che si tratti di una lettera apocrifa, comunque d’incerta datazione. I più la ritengono  la  burla di qualche studente intenzionato a prendersi gioco di noi studiosi. Burla che solo ora verrebbe alla luce, dopo più di quarant’anni e a suo tempo disturbata da un evento inatteso e imprevedibile: l’alluvione.

E’ comunque uno scritto di un certo interesse, se non altro di tipo letterario e per questo  si rende pubblico.

Il testo tradotto è arricchito da alcune note a piè di pagina, da me aggiunte.

 

La lettera

 

Ti ho promesso il mio racconto del viaggio, cara Lucilla, e senza attendere il mio ritorno ti invierò questa epistola tramite uno dei tabellarii[1] di Gaio Plinio. Nella sua casa, una villa molto bella e vasta, c’è un gran numero di schiavi e non manca nulla. Benché il luogo sia isolato, qui arriva il cibo per la nostra tavola e tutto quello che può servire per una vita agiata e tranquilla.

E tu conosci Gaio.

Puoi forse pensare che riuscirebbe a vivere senza gli agi cui è abituato fin dalla sua nascita? Come sai ho già visitato la sua villa toscana lo scorso anno, e credevo  non ci fosse casa più bella. Ma quando sono giunta in questi luoghi così selvaggi e profumati, in una calda giornata in cui il cielo è azzurro e si fonde con il mare, sono  rimasta senza respiro per il mio stesso turbamento.

Partimmo da Roma con due carrozze che era ancora notte. Il luogo non è lontano dall’Urbe, circa 17 miglia[2], ma è necessario nel periodo caldo viaggiare in ore antimeridiane per evitare il grande calore che sale dalla via Ostiense, solo in alcuni punti riparata da alberi. La via non è scomoda e s’incontra poca gente diretta verso il mare, poiché per giungere a Portus tutti preferiscono ora  la via Portuense, quella via nuova che passa accanto al Tempio di Dia[3]. Superata Porta Trigemina[4] e poi la bianca e appuntita  piramide[5] ci siamo lasciati alle spalle il rumore e il tanfo di Roma. Il paesaggio da lì verso il mare non è sempre bello, i boschi fitti e rigogliosi si alternano a pianure aperte in cui il Tevere lascia zone di  acquitrini infestati da insetti famelici e velenosi. Per questo le donne usano coprirsi di veli più pesanti e non lasciano all’aria  neanche un piccolo lembo di pelle.

Solo gli schiavi restano seminudi perché anche gli uomini, senza vergogna, riparano braccia e gambe con teli candidi. Lungo la via è possibile fare alcune soste per rinfrescarsi con acqua di fonte o vino e mangiare qualcosa nelle taverne dove è pronta anche biada per i cavalli o per il cambio.

Giunti all’undicesima pietra miliare si lascia però la via Ostiense  e ci si addentra in una viuzza più stretta in mezzo ai prati dove pascolano liberamente animali di vario tipo. Il fondo della via diventa meno agevole, le ruote incontrano spesso la sabbia e il cammino si fa più lento. Ma questo è il prezzo da pagare per l’abbandono della civiltà, dice Gaio!

Giungemmo in ora settima[6] in vista del mare. La giornata era limpida, il cielo luminoso tanto da dar fastidio agli occhi. L’acqua azzurra del mare, calma come mai l’avevo vista, spumeggiava solo un poco sulla riva e la rena quasi bianca, fine e calda, sembrava la farina del nostro pane. Un refolo  di vento fresco ci accolse una volta giunti presso la villa che è esposta a levante ma si affaccia con un bellissimo triclinio[7] che guarda il sole al tramonto. Il mare  quasi lambisce le mura della villa quando arriva vento di levante. Un bellissimo viale saluta  l’ospite tra piante di  bosso e rosmarino. Una volta entrati si ammira un grande vestibolo con statue e stucchi e poi un atrio allegro protetto da alte vetrate.

La mia stanza è fresca e profumata. Guarda infatti verso i monti lontani  e sulla selva poco distante, dove  lecci e arbusti promettono frescura, ramoscelli e fiori da cui ricavare essenze per il corpo e per la tavola.

La vita nella villa è molto animata. Essendo una grande casa dove gli ospiti sono i  benvenuti, decine di schiavi ne fanno quasi una piccola città con le loro infaticabili occupazioni e anche la notte c’è sempre qualcuno che veglia sulla tranquillità dei suoi abitanti.

Ma com’è questa casa, dirai tu. Non è facile descriverla e a dire il vero io stessa non l’ho visitata per intero, poiché Gaio mostra ai suoi ospiti solo alcune stanze e lascia nel mistero quelle riservate a lui stesso, forse precluse anche a sua moglie Calpurnia, così che si dice che  vi sia una passaggio segreto per far entrare le meretrici.

Ma io non credo a questa fantasia, poiché Gaio non ha bisogno di tali consolazioni, amando assai sua moglie. Potrebbe essere una calunnia di quell’orrido Decimo Giunio[8] che non ama Gaio e critica  la sua stima per le donne, mentre lui si diverte a parlar male delle matrone nelle sue satire. Lo incontrai tempo addietro in casa di amici e giurai a me stessa che avrei evitato di frequentarlo, benché lui mi guardi con occhio di pesce, come se io fossi  di vetro. Ma anche con quell’occhio, io credo poco al suo moralismo e sono convinta che nasconda una schiava sotto il suo letto, pronta a soddisfare i  suoi inconfessabili piaceri.  Gaio è ben diverso, non ho dubbi.  Ma cosa possiamo sapere noi donne, per quanto emancipate e sofisticate, come ci rimprovera Decimo Giunio, di quello che accade nelle stanze degli uomini? Mi dirai che forse lo saprò non appena vi entrerò di diritto per condividere con un uomo il talamo nuziale. Spero in quel caso di non trovare la schiava sotto il letto!

Per continuare la descrizione della casa che ti ha tanto incuriosito, ti dirò subito che le parti comuni sono davvero belle. Appena giunta ho apprezzato la piscina d’acqua fredda dove ho potuto rinfrescarmi dopo il viaggio. C’è anche un untorio e poi una piscina di acqua calda per prendere il bagno anche d’inverno ammirando il mare. Pur essendo una villa di vacanza, Gaio vuole abitarci con il freddo e pare abbia un appartamento che usa in quella stagione,  con una biblioteca e una palestra.

All’esterno, verso settentrione, si può passeggiare in un orto e in un giardino collegati da un breve portico coperto, piacevole soprattutto d’estate perché riparato dal sole e dal vento di meridione. Molti sono anche gli alberi da frutto compresa una

vigna circolare e un orto che produce le verdure per la tavola. C’è naturalmente un pozzo per l’acqua dolce che ne esce in abbondanza, poiché, ha spiegato Gaio, la vena è molto superficiale e per questo ha fatto costruire una ruota di ferro che girando raccoglie l’acqua con anfore legate ad essa. Si riesce così ad avere molta acqua in casa, quasi come a Roma, benché manchi un acquedotto.

Ma la stanza più bella è sicuramente il triclinio affacciato sul mare. Ne ho potuto godere la comodità e l’eleganza per la cena. E’ stato molto piacevole trascorrere le ore del pasto in quel luogo, aspettando il tramonto del sole e mai avevo visto la palla di fuoco così grande scomparire in fondo al mare. Con noi erano anche altri ospiti, tra cui il tuo amato Tacito con sua moglie Giulia. Non so perché quell’uomo ti piaccia tanto. E’ ormai un vecchio rugoso e ingobbito, e non posso credere che la retorica sia il suo unico fascino. Giulia è davvero ancora bella benché ormai abbia più di quarant’anni. Lo sapevi che l’ha sposata quando ne aveva solo 14?  Indossava una collana d’oro proveniente dalla Britannia e di fattura barbara, ma molto originale come tutto ciò che proviene da quella misteriosa terra. Tacito conosce bene la storia della sua conquista che Roma deve a suo suocero Agricola[9].  Tra un boccone e l’altro (molti piatti di pesce pescato nel mare di fronte alla casa e poi carne di cervo e cinghiale cacciati nella selva e molto vino proveniente dalle vigne dei Colli Albani),  Tacito ha raccontato le terribili storie di quella conquista e di alcuni barbari di quella terra ai confini del mondo. Molto mi ha colpito la figura della regina Bodicca[10] che per vendicarsi della confisca del suo regno e della violenza sulle sue figlie, si mise a capo di un esercito  che rase al suolo molte grandi città della Britannia. Molti ribelli  morirono in quelle battaglie e anche la regina guerriera. Fa paura l’immagine terrificante di questa donna barbara, come l’ha descritta Tacito: molto alta, coi capelli rossi fiammanti sciolti sulle spalle, lo sguardo feroce. Su un cocchio passava in rassegna il suo esercito e lo incitava alla battaglia con una voce che sovrastava qualsiasi rumore. Mi piacerebbe sapere cosa ne direbbe Decimo Giunio! Anzi, mi piacerebbe affidarlo alle cure di una tale Furia, che così  l’ha descritte Cicerone[11].

Tra gli ospiti era anche presente un liberto che si è arricchito con il commercio dei papiri provenienti dall’Egitto di cui deve fare grande uso il caro Gaio. Forse è  solo questo il motivo dell’invito all’africano e a sua moglie, una giovane nubiana che non parla una parola di latino e che certamente capiva ancor meno la nostra dotta conversazione. Malgrado ciò gli occhi degli uomini erano catturati dalla sua pelle ambrata e dal suo volto assai bello incorniciato da capelli molto scuri e crespi ma ben acconciati. Da bambina c’era una schiava dei nostri  che le somiglia e non è escluso che gli sguardi degli uomini  a quella bellezza, li riportassero a ricordi di schiave con le quali hanno giaciuto. Chi, del resto, a Roma non ha una schiava nubiana di nome Lilith? (così si chiama la ragazza, naturalmente!). 

L’egiziano, un vecchio grassone che sudava copiosamente, sfoggiava alcuni  anelli d’oro alle dita enormi e interrompeva spesso Gaio e Tacito con considerazioni non molto appropriate. Ma nell’accettare l’invito ha dimostrato un certo coraggio, trovandosi a dover gareggiare con tali rappresentanti dell’oratoria, forse i migliori del nostro tempo! 

La sua evidente inferiorità, mitigata solo dalle sue presunte ricchezze, non gli ha impedito di dissertare sulle guerre di religione tra ebrei e greci ad Alessandria[12] e raccontare di questa grande città molto popolosa, forse più popolosa di Roma, un grande porto commerciale dove è possibile incontrare mercanti e marinai provenienti dalle province più lontane dell’Impero. Ci ha quindi descritto le sue bellezze e ricchezze e in particolare il faro che è una delle sette meraviglie del mondo[13]. Gli ospiti erano molto presi da tali  descrizioni, e anche io,  ma Gaio ruppe il nostro rapimento  spiegandoci che un faro e un porto portentosi si potevano trovare a poche miglia dalla sua casa. Ci promise dunque di accompagnarci con le carrozze a Portus per visitare quella città,  ammirare il bacino voluto dal divo Claudio e i lavori di escavazione per un nuovo porto collegato direttamente con il Tevere.

Partimmo quindi due giorni dopo all’alba. L’aria era fresca e umida, il rumore del mare ci accompagnava lungo la strada battuta, che conduce a Laurentum e poi da lì a Ostia. Il vicus Augustanus Laurentum  è un piccolo borgo nell’interno. Non mancano un foro, un tempio e le terme dove è possibile rinfrescarsi durante il viaggio. Gaio ha voluto ricordarci la sacralità di quei luoghi che poco distante accolsero Enea[14], il principe troiano da cui discende la gens Giulia e il Divo Augusto. Ogni pietra che calpestavamo poteva essere stata toccata dal suo piede!

Il viaggio fu lungo per la mancanza di una vera strada lastricata[15] e nostra intenzione era comunque quella di alloggiare per la notte in uno degli alberghi di Ostia che è una vera città e dove è possibile trovare tutto quello che può servire ad un signore, ai suoi ospiti e ai suoi schiavi.  Il viaggio fu lungo ma il panorama era davvero bello e quindi non ci si annoiò benché il carro fosse piuttosto scomodo anche con i cuscini posti sui duri sedili di legno. Lungo il percorso incontrammo anche un piccolo circo di animali esotici, lì trasportati da Ostia nell’attesa di trasferirli a Roma per i nostri giochi. C’erano elefanti, tigri, leoni e altri animali mai visti,  tra cui dei cammelli. Il rumore e il fetore che emanavano da quei luoghi mi ha ricordato quello di certi angoli della nostra amata città!

Nell’avvicinarsi ad Ostia la strada migliorò condizione e il passo fu più spedito, così che entrammo nella città dalla Porta Laurentina e subito ci immergemmo in questa laboriosa (…)[16] dove ognuno sembra avere un importante compito da svolgere. Ostia appare come una Roma in piccolo, ma al contrario della nostra amata Urbe dove i nullafacenti, le meretrici e gli ubriaconi si incontrano ad ogni angolo di strada, lì non pare che si possa riposare neanche un attimo. Passeggiammo subito sul Decumano massimo che è una bella via su cui si affacciano le botteghe e le taverne e anche le ville dei ricchi mercanti.

C’è  anche un grande teatro che può contenere  2500 spettatori  e che può offrire giochi d’acqua oltre a commedie e tragedie con compagnie provenienti da Roma e da altre città dell’Impero. Dal teatro si esce in un grande spazio delimitato da un portico dove il pubblico si riunisce dopo lo spettacolo oppure in caso di pioggia. Purtroppo quella sera non erano previsti spettacoli e non abbiamo potuto godere di questo svago.

Per il resto è una città come tutte le altre (almeno quelle che ho potuto visitare) anche se  dedicata al commercio e nessuno sta fermo un attimo. I commercianti e gli affaristi  sono davvero tanti e si occupano di cordame, di grano, di avorio, di vino, olio, tessuti, gioielli, ceramiche, marmo.  Poi ci sono conciatori, armatori, pescatori, traghettatori. Ma ho perso il conto dell’elenco che ci ha fatto Gaio, poiché le attività sono tante e tutte concentrate in quel luogo al quale Roma deve il suo sostentamento assieme a Portus. Dovresti infatti vedere anche i magazzini! Sembra un’altra città nella città, abitata da merci di tutti i tipi e dai suoi custodi, in attesa di essere trasportata nella vorace Urbe attraverso il Tevere, su barche che, in mancanza di vento e nel periodo caldo come questo, risalgono il fiume trainate lungo la riva dagli schiavi.

Pensa, cara Lucilla, tutto ciò che noi abbiamo in casa ci arriva da terre lontane ed è sicuramente passato dalla città di Ostia e da Portus che è poco distante! Anche quel monile che ti ha regalato tuo padre e che tu sfoggi alle feste come un pezzo raro (lo sai che te l’ho sempre invidiato), prima di giungere a te,  ha conosciuto tante mani e sicuramente non molto pulite. A questo proposito devo anche dirti che con Calpurnia abbiamo visitato diverse botteghe per acquistare gioielli e vestiti accompagnate dall’egiziano  che millantava conoscenze e creditori ma che in realtà tutti sembravano sfuggire. Non invidio sua moglie che sembra sopportarlo appena e io immagino che lei imprechi incessantemente e silenziosamente contro di lui, ma non certo per amore catulliano[17]. 

 Io ho comunque comprato un bellissimo telo di lino colorato di  azzurro intenso, mentre Calpurnia ha trovato un paio di sandali di morbida pelle  che le donano molto al piede. Ella  era molto contenta perché colleziona tali sandali e ne ha moltissimi nella

sua casa di  Roma, ma non belli come questi che sono ornati con pietre preziose  di vario colore. Siamo quindi tornate in albergo soddisfatte per gli ottimi affari, poiché a Ostia i prezzi sono assai più bassi che a Roma. 

Il giorno dopo ecco finalmente Portus! E’ stata davvero una bella avventura. Io mi aspettavo  luoghi  ancora  selvaggi, salutati dalla scritta hic sunt leones[18]. Invece il Tevere, con la sua sinuosa chioma bionda ci ha accolto sulle sue rive in attesa del traghetto e poi ecco un paesaggio ordinato e coltivato, con erba verde e molti fiori anche in questa stagione calda.

Alle spalle ci siamo lasciati il porto fluviale di Ostia. Caronte è ben lontano da quel sole radioso e da quel formicaio di gente in movimento, rumoroso e umoroso e poco adatto ad  una fanciulla! Il lavoro di scarico e carico  delle merci sulle navi ferme lungo il fiume  non sembra avere un attimo di pausa e io ho ancora negli occhi una selva di corpi seminudi, muscolosi e così  sudati da brillare sotto i raggi di un cielo impietoso. Superato il porto fluviale che accoglie navi più piccole e piatte, ci siamo quindi diretti, tra i fiori,  sulla via Flavia verso il grande bacino aperto verso il mare dove arrivano navi più grandi, benché molte si fermino a largo in attesa di imbarcazioni d’appoggio, sulle quali scaricare le merci. Il porto infatti si sta insabbiando e per questo il divo Traiano ha già stabilito di costruirne un altro alle spalle del primo per assicurare riparo alle grandi navi onerarie. Sapevi che circa quaranta anni fa una tempesta ha causato la distruzione di 200 navi cariche di grano? Il bacino è infatti molto ampio e tale da esporre navi, merci e uomini alla violenza del vento e del mare. I lavori per il nuovo porto sono già iniziati e Gaio ci ha spiegato che esso consisterà in un bacino perfettamente esagonale, collegato direttamente al Tevere da una fossa che gli schiavi stanno già scavando. Una volta ultimata questa fossa, si verrà quindi a creare un’isola al centro della foce. Un ponte collegherà quindi Portus a questa isola che è sacra poiché lì vi è la sua necropoli.

Quel giorno il mare era molto calmo e nessuna nave ha trovato difficoltà, così che abbiamo potuto anche visitarne una ancora carica di merci provenienti dall’India  e da una penisola che si chiama Arabia,  poco lontana dall’Egitto.  C’erano molte giare e anfore piene di grano, riso,  olio di sesamo e cotone da scaricare. Ma una parte della grande stiva avrebbe fatto la tua gioia: era infatti piena di abiti e tessuti di seta, dagli scrigni aperti si vedevano agate e pietre di ogni colore e poi anche molte spezie e unguenti profumati. Io,  Calpurnia, Giulia  e la nubiana sembravamo quattro bambine felici di trovarsi in quell’emporio da esplorare a piacimento, aspettando di imbatterci in qualcosa di mai visto e di cui raccontare alle amiche, quando di ritorno a Roma. Però non c’era alcun oggetto a noi sconosciuto e alla fine Gaio ci ha fatto omaggio di un’agata da incastonare in  un anello.

La visita è terminata al grande faro. Non so come sia quello di Alessandria di cui tanto ci ha parlato l’egiziano, ma di sicuro anche questo di Portus  potrebbe essere annoverato tra le meraviglie del mondo. E’ stato edificato sul molo sinistro del porto e appare ai naviganti da molto lontano. Il suo basamento è la grande nave che portò a Roma dall’Egitto ai tempi del divo Caligola,  l’obelisco che ora si trova nel circo di Nerone[19]. E’ una costruzione molto alta e massiccia e sembra costituita da grandi dadi sovrapposti che diminuiscono di dimensione dal basso verso l’alto. Nell’ultimo è conservato il braciere che viene acceso al calar delle tenebre in modo da essere un sicuro viatico per chi si dirige verso la costa con il buio. La vista dall’alto da questo faro è davvero magnifica perché si può osservare il mare e le navi in procinto d’entrare in porto,  ma anche la vita movimentata di Portus con i suoi magazzini, taverne e bettole. In una di queste abbiamo poi mangiato dell’ottimo pesce che è il cibo più facile da trovare da queste parti. Vi sono infatti anche molte barche di pescatori che riforniscono Roma dove però il pesce veramente fresco è solo quello di fiume.

 

Cara Lucilla, ora  sono di nuovo nella villa di Gaio. Il viaggio è terminato e sono tornata a Laurentum da cui un tabellario partirà tra poco per portare a Roma le lettere del suo padrone e questa mia. Anche io tra qualche giorno lascerò questi luoghi e presto ci rivedremo. Devo però dirti che  ora non sono più molto felice della mia vacanza e non ti sorprendere per questo mio repentino cambio d’umore.

Malgrado abbia molto goduto di tante novità  e abbia appreso molte cose da questo viaggio (benché poche di queste nuove nozioni potrebbero servirmi nella mia vita coniugale e sociale o almeno così pensavo), sono ora infatti  convinta che l’invito alla casa di Gaio e la visita  a Ostia e Portus non siano un caso.

Lo sai che mio padre vuole darmi in moglie ad un  promettente magistrato che potrebbe ottenere importanti incarichi e sospetto che Gaio sappia qualcosa a proposito di queste intenzioni, perché più volte ha fatto il nome della gens degli Ergili.

Come forse saprai essa è ai vertici dell’amministrazione di Ostia ed è strettamente imparentata con la nobile famiglia romana degli Acili. Benché gli Ergili siano ben rappresentati in Senato ed abbiano anche tre Consoli imperiali, non sono ancora ai vertici dell’aristocrazia romana come gli Acili. La loro ascesa è dovuta soprattutto alla loro ricchezza accumulata con i commerci e questo a Roma un tempo  li accomunava ai tanti   liberti che hanno fatto fortuna  soprattutto in provincia e che ora hanno in mano anche le leve del potere in diversi luoghi.   Mi si agita quindi nella mente il pensiero che il viaggio a Ostia e la stessa vacanza a Laurentum non fossero che un modo per mostrarmi il mondo della mia futura famiglia, così  da abituarmi all’idea senza costrizioni. Non è questa la tattica propria degli oratori come Gaio Plinio, che nei processi sanno come asservire i fatti alle proprie convenienze? E’ probabile che mio padre si sia consigliato proprio con Gaio per individuare un possibile buon partito e che con lui abbia stabilito la migliore strategia per prepararmi alle sue decisioni senza rischiare una fastidiosa, quanto inutile,  ribellione.

Che io sia dunque destinata ad un provincialotto ostiense che mi costringerà ad una vita tra le mura di quella città di mercanti e pescatori, dove l’unico svago è la visita al tempio e la serata a teatro con i giochi d’acqua, piena di  greci, africani e ispanici e di donne libere e  ricche che sposano il proprio schiavo? Non ci crederai, ma lì questo è possibile! E non mancano donne che possiedono interi isolati con le botteghe da affittare, oppure officine per la produzione di mattoni o di tubi di piombo! Vedremo tra pochi mesi, al compimento dei miei 15 anni, a quale sorte mi destina il mio amato padre!

Ora che sono tornata alla villa di Gaio e posso finire di scriverti questa lettera (avrai capito che l’ho scritta in diversi momenti) , devo confessarti che sono davvero angosciata perché il tremendo sospetto che è nato in me durante la visita a Ostia e a Portus, si fa sempre più reale. Anche Calpurnia mi ha magnificato la vita di provincia e al ritorno a Ostia da Portus, nel nostro albergo, per tutta la sera in mia presenza ha lodato grandemente le bellezze del posto, l’aria buona che vi  si respira e l’accoglienza degli abitanti! E’ arrivata anche a dichiarare che molto le piacerebbe vivere in quei luoghi, lontana dai rumori e dalla confusione della grande città, piena di gente infida e ingannevole, dove impera la corruzione! Figurati!

Proprio lei che smania per la vacanza a Laurentum e due giorni dopo l’arrivo ha nostalgia delle sue feste e delle sue amiche matrone!

Credo, insomma, di essere oggetto di un complotto ai miei danni  e ora capisco perché mio padre mi ha spinto ad accettare l’invito di Gaio nella sua bella villa isolata, con la sola compagnia della mia schiava Eunice, affidandomi con fiducia alle cure di Gaio e Calpurnia.  Però del giovane prescelto non ho ancora avuto nessuna notizia. Che sia tutta una mia fantasia? O che anche lui sia ignaro di quanto vanno cospirando i nostri padri e i loro amici?

Cara Lucilla, che destino amaro  è quello di noi donne! E non ci aiuta né la ricchezza né il censo, poiché le schiave sono più libere di noi e possono scegliere lo sposo se hanno la fortuna di avere un padrone buono e comprensivo. Un padrone buono e comprensivo proprio come mio padre!

Spero però che il mio futuro non sia nero come ora vado immaginando, in realtà senza alcuna prova di quanto sospetto. Se mai dovesse accadere quel che temo, mi aggrapperò alla saggezza di Ovidio che ha detto: “Odierò, se potrò, altrimenti amerò, controvoglia”.

 

La tua amica ora molto infelice.

 



[1] I tabellarii erano gli schiavi camminatori, adibiti al recapito della corrispondenza.

[2] Il miglio romano corrisponde a  1,482 km e quindi in questo caso a poco  più di 25 km.

[3] Si tratta di  un famoso luogo sacro i cui sacerdoti appartenenti al collegio dei fratres Arvales praticavano i riti legati alla tradizione agreste: protezione dei terreni e cerimonie propiziatorie per ottenere dei floridi raccolti. In epoca imperiale i sacerdoti praticarono riti in favore degli imperatori. La via Portuense fu realizzata alla fine del I sec. D.C. 

[4] Dalla porta Trigemina ai piedi dell’Aventino, si originava la via Ostiense prima della creazione delle mura aureliane.

[5] La piramide Cestia.

[6] Le ore 12-13

[7] Il triclinio era la sala dove venivano serviti i pasti. I commensali mangiavano semisdraiati su lunghe poltrone anch’esse chiamate triclini.

[8] Giovenale

[9] Gneo Giulio Agricola, politico e generale che giocò un ruolo importante nella conquista della Britannia di cui divenne governatore. L’imperatore Domiziano lo richiamò a Roma, forse perché geloso dei suoi grandi successi. Morì nel 93 d.c. in circostanze poco chiare, forse avvelenato per ordine dello stesso imperatore. Tacito, che ne aveva sposato la figlia,  ha raccontato la conquista della Britannica nei suoi Annales.

[10] La regina Bodicca, o Baudicea, moglie di Pratusago re degli Iceni, regno alleato dei romani. Alla morte di Pratusago la legge romana non riconobbe il diritto di discendenza in linea femminile, il regno fu quindi annesso all’impero, le proprietà icene confiscate, i nobili trattati come schiavi, le figlie del re stuprate. . Boadicea si alleò quindi con altre tribù  ribelli e guidò un esercito di 40.000/50.000 uomini contro i romani, mettendo a ferro e a fuoco Camulodunum (Colchester), Londinium (Londra) e Verulanum (St Albans). Bodicca fu sconfitta nel 61 d.c. dall’esercito di Gaio Svetonio Paolino che riuscì a riaffermare la supremazia sull’isola malgrado la schiacciante superiorità numerica dei nemici. Bodicca, per non essere catturata, si avvelenò.

[11] Le Furie sono le tre figure della mitologia romana, corrispondenti alle Erinni greche. Personificazioni femminili della vendetta. Il loro compito è di vendicare i delitti, soprattutto quelli compiuti contro la famiglia, oltre a torturare l'assassino fino a farlo impazzire. Cicerone ne parla in De natura deorum

[12] Dal regno di Nerone in poi, l'Egitto conobbe un'era di prosperità che durò circa un secolo. I maggiori problemi incontrati riguardarono i conflitti religiosi sorti tra Greci ed Ebrei, in particolar modo ad Alessandria, che in seguito alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.c. divenne il centro mondiale della religione e della cultura ebraica. Sotto Traiano vi fu una rivolta ebraica, sfociata nella repressione degli Ebrei di Alessandria e nella perdita di tutti i loro privilegi, anche se in seguito vennero rapidamente ripristinati.

[13] Le Sette meraviglie del mondo antico  sono le strutture architettoniche, sculture ed edifici che i Greci ed i Romani ritennero essere le più belle e straordinarie opere dell'intera umanità. Anche se erano stati compilati altri elenchi più antichi, la lista canonica deve risalire al III secolo a.C. poiché comprende il Faro di Alessandria, costruito tra il 300 a.C. e il 280 a.C. ed il Colosso di Rodi, crollato per un terremoto nel 226 a.C. Le altre erano: i Giardini pensili di Babilonia, il Mausoleo di Alicarnasso, il Tempio di Artemide ad Efeso, la Statua di Zeus ad Olimpia, la Piramide di Cheope a Giza.

[14]  Secondo la  versione di Catone il Censore, accettata poi come definitiva, Enea fugge da Troia e giunge nel Lazio. Qui, dopo aver sposato Lavinia, fonda Lavinium, poco distante da Laurentum.  Il figlio  Ascanio è invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori danno origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, Rea Silvia darà alla luce Romolo e Remo e in seguito la gens Giulia, con Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto.

[15] La via Severiana fu costruita nel 198 d.c. dall’imperatore Settimio Severo per collegare Portus a Terracina.

[16] Parola illeggibile.

[17] La giovine si riferisce evidentemente alla poesia di Catullo “Lesbia impreca incessantemente” (Carme XCII).

[18] Frase lasciata nel testo in lingua originale. La locuzione latina hic sunt leones (in italiano, qui ci sono i leoni) compariva sulle carte geografiche dell'antica Roma e successive in corrispondenza delle zone inesplorate dell'Africa e dell'Asia. La frase stava ad indicare che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che fossero abitate da belve (alle quali occorreva prestare attenzione).

[19] Il circo di Nerone era un impianto per spettacoli  lungo 540 metri e largo circa 100, che sorgeva nel luogo dove oggi si trova la basilica di San Pietro in Vaticano. L’obelisco è quello poi trasferito al centro di Piazza San Pietro.

 

 

 

 

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