Come già detto, negli anni ’70 andavo al liceo
ad Ostia e sapevo che al pontile c’era la locale redazione di Paese
Sera, con Sergio Spirito giornalista vip del litorale, per il quale
nutrivo naturalmente una certa timida ammirazione, come per altre firme
del giornale che mio padre comprava ogni giorno. Mi piacevano soprattutto
gli articoli di Emilio Radice che leggevo con interesse, studiandomi
lo stile che di solito aveva un respiro da reportage, più che da cronaca.
Come molti, mi sarebbe piaciuto fare la giornalista e mentre studiavo
filosofia all’Università, m’inventai un giornaletto mensile che si occupava
dei problemi della zona di Ostia. Si chiamava “Il Maestrale” e direttore responsabile ne divenne, non ricordo
come, Franco Pasqualetti, giornalista
di Paese Sera. Quando il giornale riaprì i battenti con la gestione
della Cooperativa, qualcuno decise che poteva essere un’operazione utile
riaprire anche la redazione
di Ostia. Fu quindi messo insieme un gruppo di giovani
”scarpinatori”, armati di passione ed energia, ma ancora a digiuno
delle più elementari basi del giornalismo di cronaca. Se ne accorse
subito il direttore Claudio Fracassi, quando ci sottopose ad un piccolo
esame di verifica: i nostri articoletti sembravano i verbali dei carabinieri...
Comunque, il miracolo si compì: trovata la sede (una stanza in un appartamento
che condividevamo con uno studio di architetti comunisti), a coltivare
il vivaio lidense fu inviato un grande della cronaca romana: Walter
Buzzoli, mentre a Roma sorvegliava la situazione Sandro Mazzerioli,
capocronista. Facevano parte del gruppo, oltre a me: Patrizia Gaeta,
Carla Zironi, Claudio Razeto, Marco Gasparini con il fotografo Mino
Ippoliti. Fu un periodo (dal 1984 alla seconda chiusura del giornale
nell’89) di grande impegno e poco guadagno. Riuscivano a riempire
due pagine di cronaca locale al giorno e si lavorava anche la
domenica per seguire, oltre alla cronaca,
le partite di calcio delle formazioni locali. Ad illustrare le
azioni e i gol, i disegni a china di Marco e di un suo amico,
vista l’impossibilità d’inviare foto. Fu stranamente anche un periodo
in cui i "fattacci" a Ostia si susseguirono ad un ritmo impressionante,
cosa che permise a Buzzoli di arricchire il nostro tirocinio con l'esperienza
sul campo. In realtà, ripensandoci, potrebbe anche essere che
alcune delle vicende che riempirono le pagine della cronaca di Ostia
in quei mesi, non fossero poi molto da "cronaca nera", però
ogni avvenimento, anche insignificante ci diede modo d'imparare come
raccontarlo.
Nei giorni feriali, quando Buzzoli
tornò definitivamente a Roma e fummo lasciati allo stato brado,
per l’invio delle foto avevamo trovato il seguente sistema: uno
di noi andava alla stazione Lido Centro, individuava un passeggero al
quale affidare il rullino che poi doveva essere consegnato
al fattorino inviato da Mazzerioli alla Stazione di Piramide. Non sempre
però la “consegna” aveva successo e qualche volta gli articoli uscivano
con foto generiche. Non ho mai saputo come il fattorino e il passeggero
si riconoscessero.
Nella nostra redazione ad un certo punto arrivò anche il fax. Ma all’epoca
era un enorme cubo piuttosto rumoroso quando si metteva in funzione
e non mancarono le proteste dei vicini. A Roma, nel frattempo, sovrintendevano
al nostro lavoro anche Raffaele Gambari, Fabio Albertelli, Franco Rossi.,
Antonio Di Pierro. Da loro, oltre che da Buzzoli, io ho appreso la grande
lezione della scuola di Paese Sera: il rigore nella ricerca delle notizie
e il rispetto per il lettore che dovevano venire sempre prima delle
proprie convinzioni ed idee. Che angoscia quando si veniva mandati a
prendere informazioni su un fattaccio di cronaca nera: al ritorno Buzzoli
( o Mazzerioli) sottoponeva il già scioccato neocronista a una serie
di domande a raffica e se non si sapeva rispondere a tutte erano guai!
Con il passare del tempo ci eravamo ormai radicati sul territorio ed
avevamo anche dei “diffusori” del giornale, compagni e amici che ci
davano una mano, soprattutto alle case popolari di Nuova Ostia e che
ci passavano dritte e notizie
di prima mano. L’apertura della redazione del Messaggero, che aveva
più mezzi di noi e cronisti parecchio “scafati”, ci creò non pochi problemi, anche se andammo comunque avanti
fino alla chiusura del giornale nell’89. Il mio incubo quotidiano, poiché
nel frattempo ero stata nominata coordinatrice della redazione, era
il famigerato “buco” della notizia, e ogni mattina, la lettura del Messaggero
era una vera e propria tortura. Riuscivamo a sostenere la concorrenza
con fatica. Nel
’91, all’ennesimo riavvio delle pubblicazioni, fui assunta come redattore (ero diventata nel frattempo
giornalista professionista) e quindi dimenticai Ostia per lavorare a
Roma. Ero all’Attualità con Antonio Chizzoniti, Mario Papetti, Paola
Pittei. Ma, per quanto mi riguarda, non poteva durare…Fui
rispedita nel 1992 da Alessandro
Cardulli a dirigere la rediviva
redazione Ostia-Litorale che
aveva diversi collaboratori, tra cui Alessandra Zavatta, Marco D’Amico,
Roberto Filibeck, Fabio Di Chio. A
febbraio ’93 il direttore Arnaldo Agostini mi propose di andare a dirigere
la redazione di Rieti. Rinunciai perché qualche mese dopo doveva nascere
mio figlio Federico. Quel che segue, non riguarda più Paese Sera. La
mia esperienza col giornale che ha
condizionato gran parte della mia vita, si chiuse poco prima
della sua chiusura definitiva.
Vai al sito www.paeseserastory.it
Non sono nata a La Maddalena, non sono sarda e non
provengo da una famiglia con ascendenze sarde.
Ma che importanza ha? Ognuno ha un luogo del cuore, quello che custodisce
i migliori ricordi suoi e della propria famiglia. Per me quel luogo
è La Maddalena.
Conosco La Maddalena da quasi sessant'anni.Ho cominciato
a frequentarla in epoche lontane, quando la Gallura non era ancora meta
di turismo di massa ed era nota solo per l'inavvicinabile Costa Smeralda.
Un posto per super ricchi, e noi certo non lo eravamo, come del resto
non eravamo attratti da uno stile di vita che non ci apparteneva.
Scoprimmo la Sardegna per caso, quando io ero poco più che una ragazzina.
Ci avventurammo un'estate verso Palau con il pullman da Olbia, appena
scesi dal traghetto da Civitavecchia. Non conoscevamo la nostra meta
e non ci interessava. Sapevamo che ci attendeva l'avventura in quella
terra che avremmo trovato sicuramente selvaggia, libera e bellissima,
abitata da persone accoglienti e ospitali.
Attendevamo ogni anno con trepidazione che arrivasse l'estate per tornare
in Sardegna. Le nostre vacanze erano semplici e spartane: si prendevano
un paio di stanze in affitto con uso di cucina in case di locali e si
trascorreva tutta la giornata sulle spiagge più belle, di solito le
meno accessibili perché fossero tutte nostre. Si camminava la mattina
sotto il sole carichi come somari di borse frigo, ombrelloni, borsoni
e quanto utile per non mancare di nulla e si tornava a casa al tramonto
cotti dal sole e felici.
Quelle lunghe vacanze, che ogni anno cercavamo di prolungare il più
possibile, erano la ricompensa per le difficoltà, le ansie, le preoccupazioni
e le fatiche che io e la mia famiglia vivevamo durante l'anno. Si risparmiava
su tutto per garantirci quel periodo di spensieratezza che, col passare
del tempo, rappresentò il momento di ricongiungimento dell'intera famiglia
quando potemmo permetterci l'affitto di case indipendenti da godere
in piena libertà, tutti insieme.
Dei tanti ricordi fanno parte anche personaggi dell'isola che abbiamo
imparato a conoscere e apprezzare per le loro qualità umane, e delle
tante donne risolute e orgogliose con cui siamo entrati in familiarità
e che non hanno mai fatto mancare la loro disponibilità in caso di richieste
d'aiuto o anche solo per una divertente chiacchierata. Giorni felici
di cui ho ricordi indelebili che porto nel cuore.
Mia madre ha voluto essere sepolta nel cimitero di La Maddalena e una
mia sorella ha fatto di tutto perché la sua prima figlia nascesse sull'isola,
magari il giorno della Santa patrona. C'è quasi riuscita e per fortuna
ancora esisteva il punto nascita dell'ospedale Paolo Merlo. Quindi posso
almeno dire di avere una nipote maddalenina.
Poiché sono una giornalista e scrittrice, dopo una serie di disavventure
avvilenti con editori che non hanno saputo o voluto valorizzare i miei
libri, mi sono detta che era il caso di cambiare pelle. Ho frugato nella
mia libreria e mi sono accorta di avere una vasta documentazione su
La Maddalena accumulata negli anni. Perché non scrivere una storia ambientata
sull'Isola del mio cuore? Mi sono scelta uno pseudonimo e autoprodotto
i miei libri.
Ecco come e perché è nata la serie "Storia di Martin
e della sua isola felice" di Melissa Guy.
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alla pagina dei romanzi di Melissa Guy
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